2009/05/03

Jacob Zuma, arcobaleno di personalità

"Governerò con lo spirito di quando giocavo a calcio nel carcere di Robben Island: ero un difensore imbattibile"
Il suo passato da difensore non lo aiuterà a mostrarsi affidabile e credibile agli occhi degli altri paesi del G20 (il Sudafrica è l'unica paese africano membro del G8 allargato), ma Jacob Zuma ha dalla sua parte, l'esperienza della lotta all'apartheid. Forte dell'appoggio del suo partito, l'African National Congress (ANC), il 67 enne leader africano ha di fronte a sè la sfida più grande.

Non si tratta di difendersi dalle accuse di corruzione per una commessa di armi dalla Francia, né di far credere di aver evitato il contagio dell'Aids con una doccia, ma di diventare il nuovo Grande dell'Africa.

Perché all'ombra di Nelson Mandela, la nomenklatura dell'ANC è sembrata assopita, capace di crogiolarsi sugli investimenti della business community (la crescita media del Pil è del 6% annuo) senza dare reale speranza al processo di rinconciliazione.

Gli anziani militanti del partito si sentono traditi e anche se riconoscono che nei 15 anni di governo post apartheid si è evitata una sanguinosa guerra civile, sostengono che si è fatto troppo poco per combattere l'estrema povertà in cui vive il 40% della popolazione.

E allora preoccupano non solo il divieto al Dalai Lama di partecipare a una conferenza di Premi Nobel, l'appoggio a Al Bashir nel Sudan e il sostegno al regime di Mugabe nello Zimbabwe, ma soprattutto il mantenimento dei privilegi economici e finanziari della minoranza bianca e il rafforzamento dell'economia di mercato con il suo corteo di privatizzazioni e di riduzioni delle spese sociali che entrano in collisione diretta con il sogno dell'uguaglianza.

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