2009/08/11

L’innovazione fa un sacco bene all’ambiente

Mentre in Italia si rimanda l’addio ai sacchetti di plastica, c’è chi in SudAfrica li trasforma in cappelli, borse e altri accessori per venderli in tutto il mondo. L’iniziativa parte da un gruppo di donne della comunità di Obanjeni nel KwaZulu Natal che ha dato vita all'Afr-Eco Upliftment Project con l’obiettivo di tutelare l’ambiente e creare posti di lavoro.

I sacchetti oltre i 30 micron(*) anziché diventare rifiuti ed essere dispersi nell’ambiente sono lavorati, tagliati in strisce e abilmente cuciti. Il risultato sono borse, cappelli, cestini, accessori e oggetti multicolori di notevole fattura che uniscono intelligenza creativa e abilità artigianale. Ogni mese queste donne, madri di famiglie e giovani ragazze, trasformano 30 mila sacchetti in prodotti che vengono poi venduti sul mercato locale e all’estero.

Sul mercato locale il prezzo varia tra le 20 e le 40 rand (tra 1,50 e 3,50 €) e i profitti costituisconola principale fonte di reddito per le famiglie delle produttrici che contano sui soldi ricavati dalla venditi di questi prodotti artigianali anche per mandare a scuola i loro figli. Inoltre l’Afr-Eco Upliftment Project implica la condivisione dei profitti derivanti dalle vendite con la comunità e parte dei guadagni sono reinvestiti all’interno della comunità di Obanjeni, sostenendo così economicamente l’alfabetizzazione per adulti.

Si tratta insomma di una piccola esperienza ai piedi del mondo che da un problema di natura ecologica ne ha tratto un’occasione di innovazione e presa di coscienza per una parte della popolazione.

A livello mondiale sono diversi i paesi dove i sacchetti leggeri stati messi al bando (Bangladesh, Rwanda, Botswana, Kenya, Tanzania, Singapore, Canada, Irlanda ed altri) per i danni che causano all’ambiente. Trasportati dai venti e dalle correnti finiscono per decomporsi e contaminare il suolo e le acque sconvolgendo gli equilibri ambientali; mentre l’attuale sistema produttivo basato sullo sfruttamento indiscriminato dello risorse rende il costo del riciclaggio ben superiore al costo di produzione. Tanto che oggi nel mondo solo l’1% dei sacchetti di plastica viene riciclato.

A rendere possibile l’iniziativa delle donne della comunità di Obanjeni oltre alla buona volontà è anche la legislazione sudafricana che ha messo fuori legge i sacchetti di plastica più leggeri (sotto i 30 micron) chiamati ironicamente “national flower” per la frequenza con cui si ritrovano sui rami degli alberi. Secondo le leggi del Sud Africa chi è sorpreso a commercializzare o distribuire i sacchetti incriminati rischia pene molto severe persino il carcere.

Così in attesa che diventi obbligatorio abbandonare tutti i tipi di sacchetti di plastica -sia quelli leggeri sotto i 30 micron che quelli più resistenti riciclati dalle donne dell’Afr-Eco Upliftment Project- e magari tornare a utilizzare borse realizzate con materiale naturali come il cotone, la tela, il sisal e la rafia(**), sono stati creati posti di lavoro, ripulite le strade e cambiate le vite di molte donne che guardano al futuro con maggiore speranza.

(*) 1 micron= un millesimo di millimetro
(**) in Italia prima della proliferazione dell’industria petrolchimica era largamente diffusa e coltivata la pianta della canapa dalla quale si ricavano fibre di un tessuto molto resistente.

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