2010/05/30

Guardare ad un passato difficile per cambiare il presente

Il regime razzista dell’apartheid ha lasciato in SudAfrica pesanti eredità da affrontare. La questione delle terre, della distribuzione e della proprietà, è storia di quel passato e anche parte di questo presente.

Da quando nel lontano 1652 i primi europei arrivarono, le popolazioni autoctone sudafricane furono sistematicamente depredate delle proprie terre. L’appropriazione da parte dei colonizzatori avvenne con la forza militare, attraverso pretestuosi ricorsi a tribunali collusi o più semplicemente con recinzioni e violenze che decretavano di fatto l’avvenuto possesso della proprietà. Nel corso del 1800 la scoperta di importanti giacimenti di oro e diamanti, e la corsa che ne seguì, portò ad intensificare il saccheggio delle terre delle popolazione africane. Anche in questo caso i governi dei colonizzatori bianchi approntarono un sistema giuridico-fiscale tale da forzare molte comunità agricole native a vendere o cedere i propri terreni.

Nel 1913 l’espropriazione su base razziale delle terre divenne legge dello stato con il “Native Land Act” che limitava la proprietà della terra delle popolazione native. Negli anni che seguirono intere comunità furono deportate o costrette con la forza a lasciare le proprie terre. Qui si insediarono e impiantarono le loro fattorie i coloni bianchi.

Nel 1994, dopo l’abolizione formale dell’apartheid, fu varato il “Restitution of Land Act” per restituire le proprietà alle comunità cui erano state sottratte dopo il 1913. Lungo questa strada verso la dignità e la giustizia, non sono mancate resistenze e difficoltà. In particolare sono sorte dispute sul giusto prezzo da pagare come compensazione per le terre da restituire. E ciò nonostante, in nome dello spirito di riconciliazione posto a guida del processo di costituzione del nuovo stato, si sia voluto evitare di far ricorso all’espropriazione delle terre.

I negoziati sono andati avanti diversi anni e al 2008 i governi dell’African National Congress hanno restituito le terre a più di 870.000 persone. 1 milione di ettari è così tornato ai discendenti dei primi proprietari per circa 400 milioni di dollari di compensazioni.

Oggi il problema della terra, dell’equità dei diritti e dell’emancipazione sociale ed economica della popolazione, ancora si scontra con l’eredità dell’infame passato. Basti pensare che la popolazione nera, maggioranza nel paese, detiene la proprietà di solo il 16% della terra agricola. Obiettivo è arrivare al 30% entro il 2014.


Una delle maggiori sfide è trasferire le necessarie competenze tecniche ai “nuovi” coltivatori e allevatori. E se i programmi governativi del Department of Land Affair e della Commission on Restitution of Land Rights, prevedono sostegni all’avvio e alla conduzione di attività agricole o di allevamento per i figli o nipoti dei primi proprietari, molti di coloro che hanno diritto alla restituzione svolgono ora lavori non agricoli. Perciò vi è chi ha preferito avere compensazioni finanziarie piuttosto che rientrare in possesso della terra.

Per Mosibudi Mongena presidente del partito Azapo, erede del Movimento di Coscienza Nera, organizzazione fondata negli ani ’70 da Stephen Biko, la restituzione e la distribuzione delle terre sono aspetti centrali per la trasformazione della società sudafricana ancora segnata da enormi disuguaglianze. Per decretare la morte dell’apartheid occorre un cambiamento profondo del sistema economico che divide, anche fisicamente la popolazione in élite bianche/nere ricche e maggioranze povere.

La questione delle terre è dunque oggi per il SudAfrica e per l’African National Congress che da 15 anni governa interrottamente, una sfida la cui posta è la giustizia sociale e la fiducia nella capacità del popolo di costruire il futuro da uomini liberi in un paese liberato.

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